Siamo entrati nell’ultima parte dell’estate: tra poco ricominceranno i campionati e in questi giorni i tifosi di tutte le squadre si divertono a seguire con attenzione gli ultimi movimenti del calciomercato. Ma non solo i calciatori dei club professionistici o delle Prime Squadre dilettantistiche possono cambiare maglia; anche nei settori giovanili assistiamo spesso ad un importante via-vai di giocatori. Il problema è che non sempre questo avviene nella massima trasparenza e spesso ci si dimentica di quello che è l’obiettivo principale, ovvero la crescita e lo sviluppo dei ragazzi.
Poche ore fa il Bevagna ha pubblicato sui suoi canali social un comunicato che è un vero e proprio sfogo. Il club gialloblu ha parlato di un fenomeno che si verifica puntualmente all’inizio di ogni stagione sportiva: l’intromissione di soggetti (e intorno al calcio giovanile ne gravitano davvero tanti, sicuramente troppi!) che cercano di convincere i ragazzi ad abbandonare la società per andare a giocare altrove, ricorrendo anche a mezzi antisportivi.
Il Bevagna ha voluto ribadire la qualità del suo settore giovanile e dei suoi impianti, sottolineando il lavoro svolto dalla società nel corso del tempo con i ragazzi del territorio, a cui è stato fornito tutto il supporto necessario per la loro valorizzazione sportiva e la loro crescita dal punto di vista educativo e sociale. Il messaggio pubblicato sui social non nasce solo dalla voglia di ribadire le competenze dello staff tecnico o la qualità delle strutture del Bevagna, ma è una sorta di avvertimento, un monito che riporta a galla un tema di cui, purtroppo, si parla poco: il calciomercato selvaggio che riguarda i giovani calciatori.
Nel calcio giovanile esistono le categorie: Provinciali, Regionali, Elite, Nazionali. Quando si abbandona la scuola calcio e si passa all’agonistica i risultati iniziano ad avere un vero e proprio peso: c’è chi dice che sia sbagliato, ma la vittoria e la sconfitta fanno parte dello sport ed è importante imparare ad affrontare nel modo giusto le due facce della medaglia fin da piccoli. Ma il risultato non può e non deve essere l’obiettivo massimo, che invece dovrebbe essere la crescita dei ragazzi sotto tutti i punti di vista, non solo quello puramente tecnico.
Non tutti, però, la vedono così. Tra tecnici e società che puntano esclusivamente ai titoli da una parte e genitori che pensano di avere dei campioncini in casa (o che si fanno convincere da promesse che arrivano da destra e manca) e pseudo-procuratori dall’altra, spesso il percorso dei giovani calciatori è condizionato da una serie di variabili che non sempre hanno a che fare con lo sport e che raramente portano dei benefici alla loro crescita.
Ogni estate assistiamo ad un’incredibile quantità di trasferimenti di ragazzi che si spostano da una società ad un’altra. Non possiamo generalizzare, perché in alcuni casi il passaggio è giusto (così come è giusto anche essere ambiziosi), ma in molti altri casi no. La presenza di soggetti che qualcuno ha definito “venditori di fumo” e l’illusione (innata o inculcata) di qualche genitore possono essere deleteri per lo sviluppo del giovane.
Può capitare che il ragazzo si ritrovi a cambiare maglia, magari abbandonando un ambiente in cui si trovava bene e lasciando i compagni con cui ha condiviso momenti importanti sia dentro che fuori il rettangolo di gioco, per andare a far parte di una squadra di categoria superiore, sperando di poter fare il salto di qualità. C’è chi riesce a farlo, per fortuna, ma spesso non è così, perché può capitare di essere catapultati in una rosa molto numerosa e quindi di avere poco spazio oppure, peggio ancora, di essere destinati a “fare esperienza” in una seconda squadra che partecipa a categorie inferiori.
Non si parla molto dell’argomento, come detto, ma effettuando delle ricerche mirate in rete si possono trovare delle testimonianze che fanno capire l’entità del fenomeno. Le promesse fatte ai ragazzi (“vieni da noi, giocherai e sarai il capitano”) o ai genitori (“se porti il tuo ragazzo da noi potrà essere visto dagli osservatori delle grandi squadre” oppure “c’è pronto un posto da dirigente per te”) vanno ascoltate, ma valutate con realismo. E questo non significa che non bisogna cogliere le opportunità che si possono presentare lungo il percorso, stiamo facendo un discorso completamente diverso: diciamo solo di stare attenti alle sirene, perché l’amore per il calcio è una passione che la delusione per una promessa non mantenuta potrebbe far svanire.