Con un comunicato pubblicato sui suoi canali social qualche giorno fa l’Atletico Gubbio ha confermato la sua partecipazione ai vari campionati dell’attività di base ed a quelli agonistici. Sulle panchine della scuola calcio eugubina, però, non ci sarà Umberto Marino: dopo aver guidato l’Under 15 prima e l’Under 17 poi, il mister si separa dagli arancioneri. Ora Marino è pronto per una nuova sfida, mettendo la sua passione, le sue competenze e la sua grande esperienza a disposizione di un nuovo progetto serio (magari una Prima Squadra) che lo possa mettere nuovamente alla prova. Ecco le sue dichiarazioni ai microfoni di Giovaninrete.
Mister, si chiude l’avventura con l’Atletico Gubbio: come valuta questo biennio con la scuola calcio arancionera?
“È stata una bellissima esperienza: sono contento di aver contribuito alla crescita dei ragazzi sotto l’aspetto tecnico e dell’educazione al calcio. Non è facile far capire ai giovani che campioni se ne vedono pochi, però l’approccio al calcio è molto soft nelle scuole calcio. Difficile trovare professionisti che hanno fatto una certa carriera e come me hanno ancora la passione per allenare i ragazzi, di solito il professionista fa altre cose: o allena ad alti livello oppure fa il procuratore e prende i soldi per fare qualche telefonata oppure va a fare cose che fruttano molto di più che andare quasi gratis ad allenare i ragazzi che spesso non hanno un’altissima prospettiva. Credo di essere un caso abbastanza raro: un ex professionista che si prodiga per i ragazzi oggi è molto difficile da trovare. Io mi sono dedicato a questa esperienza a 360 gradi, con la stessa passione di quando allenavo tra i Pro: sono molto competitivo e forse la mia competitività è anche troppa per le scuole calcio”.
Ha guidato sia l’Under 15 che l’Under 17: c’è tanta differenza tra Giovanissimi e Allievi, anche per quanto riguarda il tipo di lavoro che si fa sul campo con i ragazzi?
“Sì, la differenza è che l’Under 15 è molto più importante. In questi due anni ho continuato a formarmi e ho fatto due corsi a Coverciano, uno sul settore giovanile del Benfica e l’altro su settore giovanile della Dinamo Zagabria, due realtà che nel corso tempo hanno tirato fuori decine e decine di campioni (Bernardo Silva, Ruben Dias da una parte e Boban, Modric, Kovacic e Gvardiol dall’altra, giusto per fare qualche esempio). Entrambe le società hanno individuato nella fascia di età tra i 6 ed i 14 anni quella che chiamano la Golden Age, ovvero il periodo in cui i ragazzi imparano il 90% di quello che poi gli rimarrà dentro.
A 14/15 anni quindi è importante non sbagliare l’allenatore. Purtroppo oggi nei settori giovanili il livello non è alto: ci sono senza dubbio dei bravi allenatori, ma ci sono anche quelli che lavorano con i Giovanissimi con troppa superficialità. Nell’Under 17 e nell’Under 19 i giocatori sono già formati: c’è sempre da migliorare, ma è con i ragazzi dell’Under 15 che si può incidere maggiormente e si deve lavorare molto e bene. È normale che in una scuola calcio non c’è la stessa omogeneità di valori che ci può essere in un settore giovanile con selezioni. La cosa grave è che nei settori giovanili si scherza un po’ troppo con gli allenatori, soprattutto con la prima agonistica”.
In questi giorni si parla tanto del poco talento che arriva alle Prime Squadre dal settore giovanile: perché in Italia si fa fatica a far crescere e a lanciare i giovani calciatori?
“Ma come fai ad avere talento? Il talento fino a 12/13 anni lo faceva la strada, non la scuola calcio. Prima si giocava per ore e ore al giorno, ma ora la strada è praticamente finita. Riprendendo il discorso dei corsi che ho fatto, i giocatori a partire dagli otto fino ai 14 si dovrebbero allenare fino a 8/9 ore a settimana. Noi qui vediamo settori giovanili di squadre di Serie C che si allenano per 3 o 4 ore a settimana e per un’ora e mezza si corre soltanto. Ci vuole quantità e qualità dell’allenamento. Come fai a confrontarti con realtà che si allenano tanto di più e con allenatori di maggiore qualità? È normale che si fa fatica a far emergere il talento.
Noi ci alleniamo tre volte a settimana, i ragazzi della Dinamo Zagabria si allenano cinque o sei volte a settimana, per un totale di otto o nove ore. Poi alla base loro fanno delle selezioni molto più mirate: sommando tutte queste cose (pochi allenamenti, tecnici non sempre preparati, poca selezione, la sparizione della strada) si arriva alla situazione che c’è attualmente in Italia. Realtà come il Bruges o il più noto Ajax riescono a lanciare talenti a ripetizione perché ripercorrono un modello, si allenano continuamente e con qualità di metodologie e allenatori. Purtroppo in Italia il calcio al livello basso è diventato un semplice business, con società che non investono, senza parlare degli scandali che sono emersi in questo periodo e di cui non voglio nemmeno parlare, con persone che sfruttano i genitori che credono di avere un campione in casa”.
E in un contesto del genere la crescita del ragazzo dal punto di vista tecnico è difficile…
“Certo: io quando sono arrivato nel settore giovanile dell’Inter a 14 anni mi hanno detto “tu tecnicamente sai già fare tutto”, ma perché avevo fatto la strada. Ovvio, avevo fatto anche scuola calcio, ma era la strada la vera maestra. Poi è chiaro che il settore giovanile ti deve insegnare altre cose, perché la tecnica di strada è una base importante, ma poi si deve imparare il gioco del calcio. Qui devono esser bravi gli allenatori a trasformare un buon giocatore di pallone in un buon giocatore di calcio, che non sono la stessa cosa.
Ad Harvard hanno fatto uno studio riprendendo una frase di Einstein secondo cui l’1% è talento e il restante 99% è impegno; in realtà è stato dimostrato che l’1% è talento, ma il restante 99% va diviso tra tanto impegno (70%) e alta scuola di insegnamento (29%). Senza il giusto insegnamento ti puoi impegnare quanto vuoi, ma fai fatica a crescere e purtroppo in Italia questo è un aspetto fallace. L’ha detto recentemente anche De Zerbi: questo è uno sport in cui non tutti possono allenare, soprattutto quando si parla di giovani. Se uno parte dalle prime squadre ed è bravo va avanti, se fa male lo cacciano; nel settore giovanile invece ci sono persone che rimangono per anni e anni nella stessa squadra perché sono amici degli amici e magari fanno danni su danni e questo è un problema gravissimo di cui si parla poco e che aumenta il rischio di restare fuori anche per altri due Mondiali. Ovviamente non voglio generalizzare perché ci sono tanti bravi tecnici, ma il problema esiste.
Bisogna studiare per fare calcio e bisogna aggiornarsi sempre: io ho fatto 35 anni di professionismo tra giocatore e allenatore (con circa 200 panchine in serie B come secondo di Iaconi) e non mi sono mai fermato. Sono tecnico UEFA A, ho fatto due corsi a Coverciano sul settore giovanile e poi vedo che c’è qualcuno che arriva, piglia e allena. Mi dispiace dirlo, ma per questo nei nostri settori giovanili ci sono tante difficoltà. Ed ecco perché poi compaiono figure come il procuratore di turno che chiede 30.000 o 50.000 euro ai genitori che si illudono di avere dei figli campioni. È veramente un disastro, perché non c’è meritocrazia e quando non c’è meritocrazia il livello si abbassa”.
Dopo l’esperienza con l’Atletico Gubbio cosa c’è nel futuro di Umberto Marino? Che tipo di progetto cerca per la prossima avventura?
“La mia grande passione per il calcio mi respinge l’idea di smettere: la voglia di mollare ci sarebbe perché ne ho viste davvero troppe, ma farei troppa fatica a restare senza calcio. Le scuole calcio hanno delle caratteristiche per le quali è difficile portare una mentalità professionistica perché c’è poca omogeneità tra i ragazzi, i genitori pagano la quota e si sentono praticamente dei soci e il loro figlio deve giocare quasi per forza.
L’ultima squadra che ho allenato è l’Ancona, in una città di 120.00 abitanti, e ho fatto un mezzo miracolo, perché ho portato una squadra da -7 a +1 in due mesi, ma poi è arrivato il COVID e non siamo stati promossi; da lì in poi praticamente non ho più allenato. In Umbria non ho mai lavorato con i grandi: se mi viene proposto un progetto serio, con persone serie, sono disponibile.
Ho ricevuto una proposta da una scuola calcio molto seria anche per fare il responsabile, ma ho ringraziato (perché se pensano a te è giusto ringraziare sempre) e ho rifiutato: ero legato ai ragazzi dell’Atletico e non me la sono sentita di lasciarli; sarei andato avanti ancora uno o due anni con loro per seguire la loro crescita, ma le scuole calcio non hanno il giusto interesse. Cerco qualcosa che possa mettermi alla prova: o un settore giovanile serio o, meglio ancora, una Prima Squadra. Ripeto, l’ultima volta ho fatto l’Eccellenza per vincere, ma visto che in questi anni in Umbria non mi ha cercato nessuno accetterei anche una squadra in Promozione, a patto che ci sia un progetto serio alle spalle.
Mi metto a disposizione con tutta la mia esperienza e la mia grande passione. Il mio curriculum parla chiaro a livello di risultati: ho fatto per sette anni il vice in Serie B, come primo allenatore ho fatto 45 partite tra Serie D ed Eccellenza e ho vinto 27 volte, subentrando in corsa e prendendo squadre in sofferenza. Pare che in Umbria non mi conosca nessuno, a parte l’Atletico Gubbio, con cui mi sono trovato bene ed ho avuto un ottimo rapporto con tutti, e un paio di scuole calcio e non riesco a capire come questo sia possibile”.
Mister Marino è pronto per una nuova avventura: la sua esperienza nel mondo dei professionisti e le sue competenze possono senza dubbio tornare utili a quelle squadre che hanno un progetto serio e sono alla ricerca di una guida tecnica. Considerando il pedigree dell’ex attaccante siamo sicuri che nei prossimi giorni le chiamate non mancheranno: in bocca al lupo mister per il futuro!
Ubaldo Cricchi